Processi in televisione e talk show, il pm Maruotti: la cronaca giudiziaria si fa con l'intrattenimento

04/10/2025
L'intervento di Maruotti al convegno
L'intervento di Maruotti al convegno
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Processi in televisione e sentenze emesse dal tribunale mediatico, prima ancora che giungano quelle, vere, pronunciate dai giudici. Un sistema che sta generando distorsioni nell’opinione pubblica sul modo di intendere la giustizia e su chi esercita l’azione investigativa. Una deriva in crescita, che va a discapito dell’accertamento della verità condotto nel rispetto delle procedure e della presunzione di innocenza, così come l’ha voluta intendere il legislatore, ma che si scontra con una realtà ben diversa. A sostenerlo è Rocco Gustavo Maruotti, sostituto procuratore al tribunale di Rieti nonché segretario dell’Associazione nazionale magistrati, che alla televisione e ai media deve parte della sua notorietà in conseguenza di inchieste condotte sul campo, come è avvenuto per il primo processo legato ai morti del terremoto di Amatrice, causati oltre che da scosse distruttive, anche dalle accertate responsabilità di tecnici e costruttori nel costruire le palazzine dove morirono in diciannove.

L’accusa

Maruotti si è scagliato contro il processo mediatico durante il convegno “Il processo indiziario”, evento patrocinato dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Rieti e organizzato dalla Scuola Forense, in collaborazione con l’associazione Aiga, che alla Sabina Universitas ha riunito giudici e avvocati, per riaffermare la sacralità del luogo deputato a decidere le sorti di un individuo, vale a dire il tribunale, e non uno studio televisivo dove si alternano improbabili esperti e opinionisti a caccia di notorietà. Il pubblico ministero è sferzante: “La cronaca giudiziaria si fa con l’intrattenimento, la giustizia senza un processo sembra essere diventata più attraente, più vera di quella che si celebra nelle aule di giustizia. E’ una corsa all’audience, così il processo vero arriva troppo tardi e il giudice, ormai, è sempre un giudice di appello che può soltanto confermare o sconfessare la sentenza che la vox populi ha già decretato guardando Porta a Porta o Quarto Grado. Perché si arriva sempre dopo, perché i tempi mediatici sono sempre più veloci e quindi la mediatizzazione del processo finisce per influenzare tutto quello che è il processo vero, a partire dalle indagini. Ma anche il dibattimento e l’istruttoria possono essere influenzate, persino le decisioni del giudice perché quando un processo entra nell’arena mediatica, l’indagato diventa inesorabilmente un colpevole in attesa di giudizio e quindi il giudice, in quel momento è soltanto colui che deve emettere una sentenza e deve decidere di dire se sta dalla parte dell’opinione pubblica, che reclama la condanna, o dalla parte dell’imputato considerato un presunto colpevole, perché la prima vittima del processo mediatico è proprio la presunzione di innocenza”.

Il giudizio del magistrato su stampa e processi è netto: “L’arena mediatica è innegabile che abbia una natura colpevolista, non è interessata al processo, ma alla fase delle indagini. Stiamo assistendo alle vicende di Garlasco, in cui addirittura si riapre tutto, mi capita di stare in mezzo alla gente e di sentire opinioni e considerazioni. Ebbene, sono tutti esperti, tutti sanno chi è il colpevole e chi l’innocente. E, allora, è inevitabile che a livello mediatico la retorica diventi giustizialista, non c’è spazio per la presunzione di innocenza. Il processo mediatico trasforma gli spettatori in testimoni e giudici di quel processo, in cui la vittima diventa il centro di una narrazione destinato a suscitare emozione ed empatia. La giustizia mediatica, offrendo una rappresentazione veloce delle responsabilità, precede la giustizia penale che arriva sempre troppo tardi, ma questo produce nel cittadino una sfiducia verso la giustizia vera che, quando arriva, a volte assolve quelli che ormai sono considerati da tutti dei colpevoli”.

Giustizia spettacolo

Com’è possibile che i media siano cosi informati sugli sviluppi dell’inchiesta, tanto da poter istruire a distanza processi paralleli? Esiste ancora l’obbligo del segreto istruttorio? L’onere di provare la colpevolezza dell’imputato incombe sulla pubblica accusa e non sull’opinione pubblica. La giustizia penale ha assunto toni sempre più spettacolari, di notizie di indagine e di processi che riempiono i giornali, generano talk show, fiction piene di scene di arresti, vengono diffusi audio che introducono intercettazioni telefoniche, di esperti spesso molto improbabili, fatti e non notizie si mescolano e sembrano essere la stessa cosa, tutte ad alto impatto emotivo, ma a bassissimo titolo di credibilità”. Il fiuto da pm, infine, porta Maruotti a individuare i potenziali (la presunzione di non colpevolezza è d’obbligo!) ispiratori dell’esplosione mediatica della giustizia: “Chi è più spesso interessato a far girare certe notizie sono gli avvocati. Mi ha colpitola vicenda dei 30 mila euo pagati in nero a un avvocato del caso Garlasco, il quale ha detto che non erano tutti per lui ma anche per altri giovani colleghi che l’avevano affiancato. Invece, loro hanno negato, perché consideravano come onorario il fatto che venivano ripagati dalla pubblicità di partecipare a quell’indagine. E’ chiaro che a muovere il tutto sono altri interessi, che non sono solo quelli di tutelare il cliente”.