Strangolata e rinchiusa in una valigia, l'omicidio di Besjana rimasto senza colpevoli

14/08/2021
Controlli dei carabinieri
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Il 14 agosto 1998 nel Reatino fu scoperto uno degli omicidi più efferati mai avvenuti nel territorio, quello di Besjana, giovane albanese di 19 anni, il cui cadavere fu rinvenuto nei boschi di Colle Nasso, una località del comune di Cittareale, chiuso all’interno di una valigia. Un mistero mai risolto e un killer rimasto senza volto, per un delitto che due inchieste ricollegarono a una matrice e un’origine ben precise: quello del mondo legato alla prostituzione delle ragazze dell’Est Europa. Secondo l’autopsia, effettuata dall’anatomopatologo Gaetano Falcocchio, la vittima - il cui corpo in avanzato stato di putrefazione fu inizialmente ritenuto dagli investigatori appartenente a quello di un anziano pensionato scomparso da casa e del quale non si erano avute più notizie da tempo - fu verosimilmente strangolata durante un rapporto sessuale tramite l’utilizzo di un sacchetto di plastica infilato sul capo, così da provocarne la morte per asfissia.

Nell’ambito di due diverse inchieste, tre persone, ritenute tra i “clienti” della povera Besjana, furono indagate insieme a un abruzzese e tre albanesi, sospettati di complicità nell’omicidio, ma poi furono prosciolte. Soltanto per una di loro ci fu un supplemento d’indagine, al punto che il pubblico ministero ne chiese l’arresto, ma il gip respinse la richiesta ritenendo gli elementi raccolti insufficienti. Il Tribunale del riesame bocciò il ricorso della procura e ordinò nuovi accertamenti, ma tutto si concluse con una nuova archiviazione.

La pista locale

A imprimere la svolta sulla pista locale fu il fatto che la ragazza uccisa aveva come “clienti” anche persone mature che l'attendevano lungo la Salaria, o in posti prefissati, per gli incontri che avvenivano in abitazioni private. A far scattare la nuova indagine era stata la moglie dell'indagato archiviato raccontando che nei giorni precedenti la scoperta del cadavere di Besjana, aveva visto il marito (dal quale si era poi separata) portare a casa una valigia verde, identica a quella nel cui interno fu ritrovato il corpo dell'albanese. L'inchiesta si era subito allargata in Abruzzo, perchè la grossa borsa con le rotelline all'interno del quale fu nascosto il corpo di Besjana, era stata acquistata dalla stessa ragazza in un centro commerciale di Martinsicuro.

Sulle dichiarazioni della moglie dell'uomo lavorarono a lungo i carabinieri del Norm di Cittaducale, tanto da raccogliere una serie di elementi che avevano spinto la procura a chiedere l'arresto dell'indagato, sospettato oltre che per la circostanza della valigia, anche per il fatto che fosse coinvolto nel giro di sfruttamento della prostituzione nel quale era finita Bejana. Lui la conosceva bene e, anzi, secondo la testimonianza dell’ex moglie, avrebbe frequentato la sua casa insieme ad altre prostitute. I carabinieri accertarono poi che fu l'indagato a portare via la valigia in coincidenza di un'inconsueta uscita serale, pochi giorni prima del ritrovamento del cadavere di Bejana, e di essersi vantato con alcuni amici di “aver cancellato con abilità le tracce”.

Il gip del tribunale di Rieti, Gianluca Soana, respinse però la richiesta per mancanza di gravi indizi di colpevolezza, derivante in particolare dalla scarsa attendibilità riservata dal giudice alle dichiarazioni della donna, la quale non aveva mai fatto mistero del fatto di serbare nei confronti dell’ex marito sentimenti di odio e rancore. Altro elemento ritenuto debole dal gip fu rappresentato poi dal fatto che non fu mai possibile stabilire con certezza a che ora la valigia venne portata via dalla casa di Cittareale. Un giallo sul quale, poi, ha aleggiato un diffuso atteggiamento di omertà dei molti che sapevano delle frequentazioni cittarealesi di Besjana e che aveva lavorato in un bar della zona, evidenziato anche nei rapporti dei carabinieri, che ha contribuito a far restare irrisolto il caso.

Il movente

A far maturare il delitto, secondo gli inquirenti, fu il desiderio della ragazza di tornarsene a casa. Forse Besjana si era ribellata ed era stata uccisa da uomini del racket della prostituzione? Di certo, aveva comprato lei stessa quella grossa valigia verde petrolio, poi usata come bara dai suoi carnefici. L'indagine registrò un’impennata dopo la scomparsa di un'altra prostituta dell'Albania, forse uccisa dai due connazionali collegati al delitto Dashi, ma non si riuscì mai a rintracciare i due protettori. Non ebbero successo le perquisizioni effettuate dai carabinieri alcune settimane dopo nelle abitazioni di tre residenti nella zona che frequentavano quella comunità albanese, uno dei quali risultò essere anche proprietario di un appartamento in Abruzzo dove la ragazza aveva soggiornato. Ma sono molte le domande rimaste senza risposta nel corso delle due inchieste e gli assassini di Besjana sono rimasti senza volto.

L’anziano suicida

Una delle ipotesi investigative prese in esame il possibile collegamento tra il delitto della prostituta con la sparizione di un anziano di 80 anni, che abitava in una frazione di Cittareale, suicidatosi a poca distanza da casa sua. L’agricoltore, scomparso da casa l'8 agosto 1998, fu rinvenuto cadavere dopo un mese. L'autopsia confermò che era deceduto per impiccagione e non erano state rilevate tracce o lesioni compatibili con altre ipotesi violente. Anche il cadavere era in uno stato di decomposizione tale da far ritenere che la morte potesse risalire all'epoca dell' allontanamento da casa. Le indagini condotte dai carabinieri, alla fine, fecero cadere ogni giallo attorno alla sorte dell’uomo, anche se qualche interrogativo inevitabilmente rimase in piedi. Gli investigatori non tralasciarono neppure un’altra pista: chi aveva ucciso Besjana aveva intenzione di disfarsi del corpo approfittando dell'aiuto di albanesi che lavoravano sulle montagne fra il Reatino e l'Umbria. Tutto inutile, e sulla ragazza nella valigia è calato il silenzio.