Stalking condominiale, amministratori dell'Anaci a lezione dal giudice

17/12/2020
Intervento dei carabinieri in un palazzo
Intervento dei carabinieri in un palazzo
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E’ un fenomeno sempre più presente nella società in continua trasformazione, dove la mutazione dei rapporti rende difficile la convivenza tra le persone, soprattutto quando si tratta di condividere realtà come quella della vita in condominio. Discussioni, divisioni, attriti e liti, fanno spesso saltare gli equilibri tra gli inquilini, fino a sfociare in veri e propri scontri giudiziari e nei tribunali c’è sempre più lavoro per gli avvocati. Ma il nuovo fenomeno che si sta facendo strada è quello dello stalking condominiale, con casi in continua crescita, al punto da configurare un vero e proprio reato penale.

Un tema affrontato a Rieti da un magistrato del tribunale, il giudice per le indagini preliminari Floriana Lisena, parlando a una platea interessata qual è quella rappresentata dagli amministratori di condominio riuniti dall’Anaci provinciale, alle prese non soltanto con rendiconti, inquilini morosi, gestione di lavori comuni, ma ora anche con la nuova categoria degli stalker, figura che si aggira dentro e fuori i palazzi, spesso avvelenando i rapporti sociali. Un interessante intervento, calato in una giornata di lavori moderati dagli avvocati reatini Giuseppe e Francesca Morgante, rispettivamente direttore del Centro studi provinciale di Rieti e direttrice regionale Lazio dell’associazione, a cui è intervenuto tenendo una relazione sulle misure di polizia di competenza del Tar, anche Raffaele Scarpato, attuale magistrato del tribunale amministrativo di Roma, ex giudice del tribunale di Rieti. La gip Lisena ha evidenziato il sottile confine che separa lo stalking condominiale da altri reati similari, come le molestie o le minacce, intervento che GiustiziaRi ha sintetizzato nei passaggi fondamentali per offrirne una più facile lettura anche ai non esperti in diritto.

Tema complesso

“Il cosiddetto stalking condominiale è un tema complesso perché intreccia aspetti giuridici e problematiche sociali e relazionali. Per quanto riguarda gli aspetti strettamente giuridici, il reato di atti persecutori non è stato introdotto con riguardo al contesto condominiale bensì a quello familiare in cui è più facile individuare i ruoli del “persecutore” e della “vittima”, che diventa oggetto passivo delle condotte persecutorie dell’agente, il quale invece si trova in una posizione di predominanza e prevaricazione.”

I comportamenti richiesti dall’articolo del codice penale, il 612-bis, sono costituiti dalle molestie o minacce reiterate. Può accadere che nei processi per stalking condominiale le condotte denunciate non raggiungano una soglia penalmente rilevante, quando si tratta solo di rumori tra appartamenti contigui o di sguardi “minacciosi” scambiati tra vicini, o integrino per lo più condotte offensive. Ad esempio, per quanto riguarda i rumori, è di tutta evidenza che non è possibile stabilire se i rumori condominiali siano il frutto di una volontaria e deliberata scelta da parte dell’imputato di arrecare disturbo alle persone offese, ben potendo essere del tutto accidentali e occasionali”.

Le molestie

“Le molestie, al contrario, ben potrebbero essere integrate da atti vandalici nei confronti di uno o più condomini: l’imbrattamento delle porte o di altre parti dell’edificio, la manomissione delle serrature, il taglio dei fili del quadro elettrico condominiale, le telefonate notturne, il suono del campanello, l’inserimento nelle cassette della posta di oggetti ed altro. Tali comportamenti integrano “molestie” penalmente rilevanti, per tale dovendosi intendere qualunque atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna nella altrui sfera di libertà”.

La prova

“Ai fini dell’accertamento del reato è quindi necessaria la prova rigorosa che la condotta dell'imputato abbia determinato uno dei tre eventi alternativi indicati dalla norma, ossia un grave stato di ansia o di paura, il timore per la propria o altrui incolumità, il cambiamento delle abitudini di vita. Il perdurante e grave stato di ansia o di paura non necessariamente deve essere comprovato da certificati medici ma deve presentare i caratteri della perduranza e della gravità. Il legislatore ha quindi previsto che il turbamento psicologico indotto dalla condotta illecita non solo sia costante, nel senso che si protragga nel tempo e si manifesti ininterrottamente, ma anche che sia grave, ossia che presenti intensità ed effetti molto superiori all'analogo sentimento che è fisiologicamente riscontrabile in qualunque persona normale in presenza di rapporti conflittuali con gli altri consociati”.

Abitudini cambiate

“Non integrano il reato preoccupazione, angoscia, meri turbamenti d’animo, nervosismi, fastidi, lievi e temporanei malesseri fisici, che non raggiungono quel grado di gravità e di costanza che la norma richiede per causare l’evento. Il fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva richiede quantomeno il verificarsi di minacce all’incolumità personale. Per l’accertamento dell’alterazione delle proprie abitudini di vita è richiesta una modifica sostanziale delle proprie abitudini che incida sulla qualità della vita della vittima.  Qualora manchi la prova dell’abitualità, perché le condotte sono episodiche, ma restino isolate condotte di molestie o minacce, si può pervenire ad una riqualificazione del reato di atti persecutori”.

Il processo

“La difficoltà di fornire la prova di tutti i requisiti richiesti dalla configurazione del reato comporta, in sede di indagini preliminari, una difficile opera di selezione per la Procura della repubblica delle condotte penalmente rilevanti, e, nella fase dibattimentale, lo svolgimento di processi lunghi e caratterizzati da forte conflittualità tra le parti processuali, non sempre con esiti di accertamento del reato”.