Pretura di Amatrice, dalle inchieste sulle lottizzazioni al parroco condannato

21/03/2021
La sede di corso Umberto I prima del sisma
La sede di corso Umberto I prima del sisma
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Sono rimasti solo documenti e fascicoli, in parte custoditi all’Archivio di Stato, di quella che un tempo era considerata una pretura di frontiera, sistemata nel lembo estremo del Reatino che tocca i confini con l’Abruzzo e le Marche. Il terremoto che, nel 2016, ha distrutto Amatrice e altri paesi del centro Italia, si è portato via anche ciò che restava di un presidio giudiziario rimasto in funzione, come altri in provincia, ospitando dopo la pretura il giudice di pace fino alla soppressione decretata dalla riforma della geografia giudiziaria nel 2013, ad esclusione di Poggio Mirteto dove un consorzio di comuni si è fatto carico delle spese di funzionamento.

La vecchia sede di corso Umberto I manteneva ancora esposta, all’esterno dell’edificio, la targa in pietra con la scritta Pretura, memoria del passato, finita anch’essa tra la macerie del sisma. Ma, resta la storia di un presidio che ha garantito legalità e controllo su un territorio in anni in cui i tentativi di speculazione, soprattutto edilizia, sono stati molteplici, ispirati dalle bellezze della conca amatriciana, ma hanno dovuto fare i conti con i vice pretori che nel tempo si sono avvicendati, bloccando dall’inizio ogni tentativo.

L’ufficio giudiziario, rimasto inattivo per oltre un decennio, fu riaperto nel 1972 per decisione del presidente del tribunale di Rieti, Enrico Pernice, che inviò ad Amatrice un giovane avvocato, Gianfranco D’Orazi, figlio d’arte avendo seguito le orme del padre Alcibiade, tra i professionisti più stimati del foro reatino.

L'incarico

L’avvocato, prorogato nell'incarico di reggente per tre volte fino al 1984, oggi ha appeso la toga al chiodo passando il testimone al figlio Andrea, ricorda quel periodo: “In pratica, dovetti far ripartire l’ufficio chiuso dal 1960 in piazza San Francesco, accanto al carcere, dove l’ultimo titolare era stato un notaio. Cominciai riattivando il nucleo dei carabinieri, con un brigadiere e un appuntato, visto che c’era solo la sezione della Polizia stradale, quindi riorganizzai il lavoro potendo contare su bravi collaboratori, come l’impiegata Luigina Vidoni, di Accumoli, gli ufficiali giudiziari Modesto Bartolucci ed Eugenio Pistoni, i cancellieri Bruno Biagini e Franco Cardelli, che si alternava con la pretura di Cittaducale. Amatrice, con competenza anche su Accumoli, in realtà richiedeva una presenza costante e così, quando serviva, presenziavo anche alle autopsie in ospedale senza delegare altri sostituti. Oltretutto, ero anche il direttore del carcere, ma devo dire che in dodici anni non ho mai arrestato nessuno”.

D’Orazi curò poi il trasferimento degli uffici da piazza San Francesco - dove un incendio negli anni 80 distrusse una parte dell’archivio contenente atti della Regia Pretura di Accumoli - a corso Umberto I, dove poi si è insediato il giudice di pace. Nel 1984, cessato dalla funzione di vice pretore, l’avvocato si è occupato prevalentemente di procedimenti civili, è stato componente delle commissioni tributarie e giudice a Ginevra della Federazione internazionale di motociclismo (D’Orazi ha effettuato viaggi sulle due ruote in tutto il mondo ed è un apprezzato collezionista di moto d’epoca), designato dalla Federazione italiana negli anni ‘80 e ’90, distinguendosi per le sentenze scritte in lingua francese.    

Quale giudizio dà di quell’esperienza?

“Certamente formativo sul piano professionale e anche umano, perché la figura del pretore era comunque rispettata. Garantiva una giustizia di prossimità che è andata gradualmente scomparendo, per favorire un accentramento degli affari lontano dai luoghi di origine. Mi occupavo di abusi edilizi, danneggiamenti, furti, ingiurie, minacce, ma le persone potevano contare su una risposta immediata e io stesso mi adoperavo per comporre, quando era possibile, le liti prima della causa. Ancora oggi raccolgo testimonianze positive del lavoro svolto”.

Il processo al prete

Ma non sempre era possibile e, così, le cronache giornalistiche restituiscono la storia di un parroco condannato dal vice pretore D’Orazi perché, durante un’accesa discussione, si era rivelato un po’ troppo “manesco” con la moglie di un agricoltore, decisa a negare al sacerdote la cessione di un terreno confinante con la chiesa. Fallito ogni tentativo bonario per arrivare a una remissione di querela, al prete (difeso dallo storico avvocato amatriciano Nedo Petrucci)  furono inflitti due mesi di reclusione, con i benefici di legge, e la condanna a pagare le spese processuali.

Il cancelliere

Franco Cardelli, funzionario giudiziario in pensione, è stato per sei anni la preziosa spalla del vice pretore D’Orazi: “La pretura era una sentinella di quanto accadeva sul territorio, soprattutto sul fronte delle violazioni edilizie. Dopo il terremoto del 1979 che colpì l’alta valle del Velino e l’Umbria, partì un controllo serrato dell’attività urbanistica e, proprio grazie a questa azione, fu sventato il tentativo di realizzare una lottizzazione abusiva su una delle colline più belle attorno ad Amatrice, a ridosso del lago Scandarello, e la tempestività dell’inchiesta fu favorita proprio dalla presenza sul posto di un presidio giudiziario”.