Pietro Carotti fa 50, la passione per il penale e quella legge di riforma del codice di procedura

28/06/2022
Pietro Carotti nello studio di via Potenziani
Pietro Carotti nello studio di via Potenziani
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Il penale come passione, la politica come mezzo per intervenire sui temi della giustizia, con provvedimenti che hanno lasciato il segno nella legislazione giudiziaria. Pietro Carotti festeggia i 50 anni di professione, traguardo che assegna la Toga d’oro, solo una parte dei quali trascorsi a Montecitorio dove è stato deputato dal 1996 al 2001 durante il governo dell’Ulivo, componente della Commissione Giustizia della Camera e delle Commissioni bicamerali e speciali sul terrorismo, legando il proprio nome a una legge conosciuta come quella che, nel 1999, ha varato la riforma del Giudice unico introducendo modifiche al codice di procedura penale. Ma non solo questo, al penalista va attribuito il merito di aver fatto nascere a Poggio Mirteto una sezione distaccata del tribunale al posto della Pretura soppressa, e di riesumare il progetto, abbandonato negli anni 80, sulla costruzione del nuovo carcere di Rieti, realizzato poi a Vazia, riuscendo a coinvolgere anche il centro destra che, in una storica seduta del consiglio comunale, votò a favore della proposta di Carotti che voleva dotare la città di una struttura degna di tale nome, al posto della vecchia casa circondariale di Santa Scolastica.

Politica, quindi, intesa come perseguimento di obiettivi di crescita e non per rafforzare il consenso elettorale attraverso operazioni clientelari. Un’esperienza parlamentare arricchita dalla realizzazione di libri contenenti riflessioni e approfondimenti su questioni di diritto, che in passato hanno portato a Rieti gli ex ministri della Giustizia Oliviero Diliberto e Piero Fassino, e l’ex sottosegretaria Anna Finocchiaro, pronti a sostenere dibattiti pubblici con l’autore.

Ma, Pietro Carotti, è soprattutto una figura legata al penale (è stato il primo presidente della Scuola Forense Sabina), passione eredita dal padre Italo, a sua volta figlio di un avvocato (oggi nello studio di via Potenziani, dove hanno svolto la pratica legale diversi penalisti reatini, è attiva la quarta generazione di avvocati con Nicoletta, Italo e Filippo), e che l’ha portato a essere protagonista nelle aule dei tribunali italiani. Una storia lunga, costellata di tanti successi, a partire dalle difese assunte per conto di politici coinvolti nelle inchieste più scottanti sulla corruzione che “regalarono” a Rieti una poco gradita notorietà nazionale. Erano gli anni 90, quelli di Tangentopoli, e la procura sabina, pur ridotta nel numero di magistrati (un procuratore e un sostituto) e con a disposizione mezzi investigativi insufficienti, riuscì comunque a portare a termine indagini non facili, ostacolate da omertà e complicità trasversali esistenti nei maggiori partiti politici. Carotti li difese quasi tutti gli imputati eccellenti, riuscendo al termine di procedimenti lunghissimi, a strappare assoluzioni che alla vigilia apparivano difficili da portare a casa.

L’intervista

Nel 2003, al termine della prima assoluzione pronunciata dal tribunale di Roma in favore di cinque imputati, accusati di falso e abuso d’ufficio al  processo Precedil (il capannone acquistato dall’Asm per trasferirci la nuova sede), durato ben 13 anni, affidò a Il Messaggero la sua riflessione. Di seguito, uno stralcio:

Troppo bravi gli avvocati difensori o troppo difficile per i Pm provare le accuse?

"C'è stato un periodo in cui l'assetto normativo e l'atteggiamento di tutte le procure d'Italia era da una parte sostenuto da un sospetto generale per cui chiunque facesse politica era comunque ritenuto responsabile o corresponsabile. Dall'altro, sul piano giudiziario, c'era un pò un appiattimento su ipotesi di reato minori che invece poi con il maturare di altre leggi come quella della riforma dell'abuso d'ufficio, in qualche modo ha stroncato quella che era una stagione che io definisco dei sospetti: sostanzialmente si privilegiava, e non soltanto a Rieti, perseguire alcuni reati in maniera più veloce rispetto ad altri".

Da cosa nasce questa definizione di “sospetti”?

“Mi riferisco all'abuso d'ufficio. Come era concepito prima, si commetteva anche nei casi in cui una delibera era illegittima. Il passaggio tra illeicità e leicità non è semplice e richiamo il caso della Precedil. Che si sia fatto tutto di corsa da parte della Regione, si sia favorita l'appropriazione della Regione di decisioni che erano del Comune, può essere un fatto politicamente anche pregevole perchè l'obiettivo era di avere una nuova sede per l'Asm. Che questo sia stato perseguito con l'adozione di delibere che possono avere sfumature di illegittimità, contratti definiti nulli, è un conto, che si provi che questi contratti celassero un accordo criminoso di venti persone, è un altro”.

Non ritiene che celebrare i processi lontano nel tempo e dal contesto storico in cui sono maturati, non aiuti nella ricerca della verità?

“Per la giustizia è sicuramente un danno. Gli imputati sono invece favoriti sotto il profilo processuale, ma danneggiati sotto il profilo umano perchè c'è gente che è rimasta sulla graticola per anni, tredici solo nel caso Precedil. Oggi l'interpretazione su un fatto di venti anni fa è più benevola rispetto a un episodio attuale. Questo vale comunque per tutti i delitti, non solo per i processi della cosiddetta Tangentopoli. I processi sterminati corrono il rischio di far appannare le singole posizioni per cui, contrariamente a quanto si sostiene, più sono gli imputati, più sono le imputazioni, più diventa difficile mantenere il filo dell'indagine. Accade così che finiscano nella rete persone che non c'entrano niente. Questo giova in positivo ai responsabili, in negativo agli innocenti”.

Se dovesse dare un giudizio su tanti processi, quale sarebbe?

“Ci sono periodi nei quali l'indagine si concentra sulla pedofilia, in altri sulla violenza sessuale, in altri ancora sui sassi che gettano dai cavalcavia. In certi processi è mancato quello scatto che desse un minimo di prova sulla circolazione di denaro che porta a reati come la concussione e la corruzione”.