Nozze di diamante per il tribunale di Rieti, culla per magistrati che hanno scritto pagine importanti

16/11/2022
La sede
La sede
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E’ stato il trampolino di lancio per giudici che hanno poi rivestito nel corso della loro carriera alcuni tra i ruoli più prestigiosi in magistratura, ma anche il luogo dove, tra gli anni 70 e 80, sono nate importanti inchieste sul terrorismo che hanno visto la continua presenza di magistrati come Mario Amato, poi ucciso dai Nar a Roma, Ferdinando Imposimato, giudice istruttore dell’attentato a Papa Giovanni Paolo II, Pier Luigi Vigna, in prima linea contro la mafia, e sede di processi di risonanza nazionale legati alla cronaca e alla politica. Nonostante questo, il tribunale di Rieti non di rado ha corso il rischio di essere ridimensionato, se non addirittura soppresso o accorpato ad altre realtà giudiziarie, come ipotizzato in passato da qualche ministro della Giustizia, progetti comunque sempre fermati.

Oggi il tribunale celebra sessant’anni di un’attività iniziata nel 1962 dopo un tribolato iter realizzativo, nel corso del quale, più volte, la costruzione sorta in un’area priva di strade, illuminazione e parcheggi, contornata da capanne, orticelli agricoli, sterri e pantani di acque malsane, fu sospesa per l’insufficienza dei fondi a disposizione. L’ultima interruzione, durata oltre un anno, fu superata solo grazie all’impegno del deputato Franco Maria Malfatti, prossimo a diventare ministro delle Partecipazioni Statali, che riuscì a strappare un ulteriore finanziamento di 70 milioni per consentire il completamento del tribunale. Ma non bastarono, perché quando il nuovo palazzo di giustizia entrò in funzione, mancava ancora la parte che avrebbe poi ospitato la Pretura, realizzata in fase successiva. La costruzione del nuovo edificio tribunale riportò poi a Rieti per pochi anni la Corte di Assise, già presente nella vecchia sede.

La scelta

La zona era quella denominata “Orti Ferroni”, in località Voto dei Santi, adiacente a quella del Santuario del Divino Amore, selezionata nel 1956 dopo vari sopralluoghi da una commissione presieduta dal prefetto Cristofero Tirrito e composta, tra gli altri, dal sindaco e deputato Lionello Matteucci, dal presidente del tribunale Giuseppe Iraso, dall’avvocato Mariano Trinchi, dal presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati Luigi Colarieti (nonno dell’omonimo legale scomparso nel 2018), dagli ingegneri di Genio Civile e Provveditorato alle Opere Pubbliche del Lazio, dall’ingegnere capo del Comune di Rieti Armando Blasi. Si trattava di fare presto, per non perdere i finanziamenti previsti dal ministero della Giustizia, occasione per dotare la città di una struttura efficiente considerata la ristrettezza degli spazi disponibili nella vecchia sede di Palazzo Sanizi.

Avvocati sfrattati

Non mancarono, negli anni, anche situazioni particolari, come lo “sfratto” imposto dal presidente Iraso agli avvocati ai quali era stata assegnata una stanza per la loro attività. Il 4 marzo 1963, pochi mesi dopo l’apertura del tribunale, il magistrato scrisse al presidente del Consiglio dell’ordine una lettera in cui specificava che “due vani a cagione delle continue infiltrazioni di acqua si sono resi, a lungo andare, inutilizzabili. Ho ripetutamente sollecitato l’intervento delle autorità competenti, non raggiungendo però lo scopo e in queste condizioni, non potendo costringere i funzionari a lavorare in ambienti umidi e malsani con sicuro danno per la salute, mi vedo costretto ad utilizzare la stanza messa a disposizione degli avvocati e procuratori”. La costruzione del tribunale riportò poi a Rieti la Corte di Assise, già presente nella vecchia sede, che restò in funzione solo per pochi anni.

L’arredamento

Un capitolo a parte riguardò l’arredamento di aule e locali, per il quale il presidente Iraso invocò con una lettera inviata all’ingegnere capo del Genio Civile, affinchè l’allestimento delle aule di udienze “rispondesse in pieno ai requisiti di solidità ed austerità, onde ottenere assoluta garanzia di durata e rispondenza dell’arredamento stesso a quella che è ormai la tradizionale impronta delle aule giudiziarie. Qualora non sia possibile avere in visione qualche progetto redatto con tali criteri, si fa presente l’esigenza che l’arredamento sia fatto con legno massiccio, possibilmente teck, noce, pi-pine, con esclusione assoluta di compensati, tamburati e impellicciature”. Il magistrato si raccomandava, inoltre, “nel caso la spesa complessiva per le due aule superasse la somma stanziabile, di utilizzare per l’aula del tribunale parte dell’arredamento esistente, di buona e solida fattura, come l’emiciclo, il paravento e i due banchi per il pubblico ministero e il cancelliere, ancora in buono stati di conservazione”. Il tutto pensato all’insegna della parsimonia.

Toghe a battesimo

Tra i magistrati che hanno calcato stanze e corridoi del palazzo di piazza Bachelet, contribuendo a scrivere pagine importanti della giustizia reatina, vanno ricordati il pubblico ministero Domenico Sica, diventato coordinatore a Roma delle inchieste sul terrorismo, Vittorio Bucarelli, il primo giudice a indagare sulla strage di Ustica, che a Rieti si occupava di cause di lavoro prima dell’entrata in vigore della riforma, quindi Cesare Mirabelli, sostituto procuratore e poi avvocato, diventato nel corso della carriera vice presidente del Csm e poi presidente della Corte Costituzionale. Ancora, non vanno dimenticati Alberto Caperna, giudice negli anni 80, che quando morì era procuratore aggiunto a piazzale Clodio, Enrico Pacifico, il giudice istruttore che una volta lasciata Rieti e approdato nella Capitale, firmò il primo maxi rinvio a giudizio contro la colonna romana delle Brigate Rosse, Marcello Liotta, ultimo giudice istruttore del tribunale e poi presidente della prima Corte di Assise, Giovanni Canzio, pubblico ministero e giudice, giunto al vertice della Corte di Cassazione dopo aver presieduto le Corti di Appello di Milano e L’Aquila.

Ma sono solo alcune figure di una storia lunga sessant'anni, che comprende altri magistrati che hanno lasciato tracce importanti della loro presenza a piazza Bachelet, oggi investiti di incarichi e funzioni importanti in diversi ambiti dell'ordinamento giudiziario italiano.