Morti bianche sul lavoro e norme di sicurezza violate, il ricordo delle vittime degli anni 90

30/09/2021
Il macchinario dell'Elgaplast
Il macchinario dell'Elgaplast
Printer Friendly, PDF & Email

Il caso delle “morti bianche” sul lavoro continua a rappresentare un dramma senza fine, e nel corso degli anni non ha mai trovato soluzioni idonee per arginare il crescente numero di vittime. Gli infortuni mortali che si stanno registrando in questo scorcio del 2021, da nord a sud dell’Italia, riporta alla mente un periodo altrettanto tragico che riguardò il Reatino, a cavallo tra la fine degli anni 90 e l’inizio del decennio successivo, con una serie di incidenti che costarono la vita ad alcuni operai impegnati in cantieri edili e nelle fabbriche, mentre in altri casi i lavoratori riportarono conseguenze invalidanti. Un succedersi di eventi che vide scendere in campo il sindacato, compatto nell’invocare più sicurezza e rispetto delle norme antinfortunistiche. Furono indetti scioperi e manifestazioni, i processi che seguirono videro la condanna dei titolari delle aziende che non avevano garantito la sicurezza sul posto di lavoro

L'esplosione

Gli infortuni più gravi avvennero alla Nuova Rayon, all’Elgaplast, alla Todini costruzioni e alla Telettra. Il più drammatico si verificò a ottobre del 1991, quando cinque operai, impegnati nel reparto filatura, furono investiti dal violentissimo getto di acqua bollente - calcolato dai periti a una temperatura di poco superiore a 90 gradi - fuoriuscito dal macchinario che uno di loro stava aprendo all’interno dello stabilimento Nuova Rayon, in viale Maraini.  Emilio Pucci, 45 anni, figlio dell’ex segretario provinciale della Cisl, fu quello che rimase colpito più degli altri e morì all'ospedale Sant'Eugenio di Roma, dopo una settimana. Una morte che gettò nella costernazione tutto il mondo del lavoro, perché non era mai stato ricordato un incidente di tale gravità. Seguirono due processi, al termine di una non facile inchiesta condotta dal sostituto procuratore circondariale Maria Vulpio per accertare le responsabilità dell’esplosione, e solo alla fine del 1996 si arrivò alla sentenza: sei imputati patteggiarono la pena per omicidio colposo a tre mesi, poi convertita in due milioni di multa, soluzione favorita anche dal risarcimento delle parti civili operato dall’azienda milanese che aveva schierato in campo il professor Giovanni Maria Flick, futuro presidente della Corte Costituzionale e ministro di Grazia e Giustizia.

L'impastatrice killer

Prima di Enrico Pucci, non può essere dimenticata la morte di un operaio di 44 anni, di Santa Rufina, avvenuta all’interno dello stabilimento dell’Elgaplast, agganciato per la tuta dalla macchina impastatrice che lo trascinò causandogli ferite che resero vano ogni tentativo di salvataggio. La risposta a quell’incidente la fornì l’indagine del sostituto procuratore della repubblica, Rosanna Scirè, condotta insieme all’Ispettorato del lavoro: una perizia tecnica accertò che un interruttore di sicurezza in grado di bloccare l’impastatrice in caso di emergenza, fu applicato solo successivamente alla disgrazia. I titolari dell’azienda, due fratelli milanesi, titolari e amministratori dello stabilimento, furono arrestati per gravi negligenze, ma dopo aver risarcito i danni riconosciuto agli eredi dell’operaio, patteggiarono una condanna otto mesi per omicidio colposo, mentre le violazioni in tema di prevenzione infortuni furono dichiarate estinte grazie all’amnistia.

Proteste e scioperi

La protesta dei sindacati contro le morti bianche esplose nuovamente pochi giorni dopo la condanna degli amministratori dell’Elgaplast, con una grande manifestazione organizzata dopo la morte di un carpentiere di Petrella Salto, dipendente della società Todini, schiacciato da un escavatore mentre lavorava in via Pistignano alla realizzazione della galleria di Colle Giardino. Secondo quanto ricostruirono gli ispettori del Lavoro e la squadra Mobile, la vittima, 42 anni, era impegnato nel lavoro di scavo manuale per rimuovere i detriti causati dall’esplosione di mine fatte brillare al mattino, ma non si sarebbe dovuto trovare in quel punto. Un collega che era alla guida dell’escavatore non si accorse della sua presenza e lo schiacciò contro la parete. La reazione di Cgil, Cisl e Uil fu estremamente dura e la federazione dei lavoratori edili proclamò lo sciopero nei cantieri della Todini.

In precedenza, a rimanere vittima di un incidente mortale avvenuto all’interno dello stabilimento Telettra, fu un operaio toscano di 59 anni, dipendente di una ditta di Arezzo, travolto da una trave di venti quintali. Rabbiosa nelle ore immediatamente successive alla tragedia, la reazione della Cgil: «Il modo di produrre è spesso regolato solo dal profitto. Per guadagnare di più si appaltano e subappaltano i lavori senza preoccuparsi delle condizioni in cui operano i lavoratori, ma nessuna logica di mercato può giustificare questa logica». Il ripetersi di simili tragedie spinse l’Ispettorato del lavoro a incrementare i controlli dai quali emerse una preoccupante situazione di illegalità in tema di rispetto delle norme antinfortuni.