Mario Amato, ucciso dai Nar dopo l'inchiesta nata in Sabina sul terrorismo

02/12/2020
Il luogo in cui fu ucciso il giudice
Il luogo in cui fu ucciso il giudice
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La tradizione si è interrotta proprio nell’anno in cui era programmato, a quarant’anni dalla morte, il ricordo del giudice Mario Amato, ucciso a Roma il 23 giugno 1980 dai terroristi di estrema destra militanti nei Nuclei Armati Rivoluzionari, collegati a una serie di sanguinosi attentati. Amato sarà anche l’ultimo magistrato vittima del terrorismo politico in Italia, che quell’anno aveva già visto gli omicidi, per mano delle Brigate Rosse e di Cosa Nostra, degli altri giudici Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Guido Galli e Gaetano Costa. L'anno precedente, a Milano, era stato invece assassinato da un commando di Prima Linea il magistrato Emilio Alessandrini

L’emergenza Covid, però, ha fermato tutto, ma il programma dell’associazione Santa Barbara nel Mondo di rendere omaggio a un valoroso magistrato che ha pagato con la vita la mancata protezione da parte dello Stato negli anni in cui le toghe erano tra i principali obiettivi da colpire, è solo rinviato. Omissioni e allarmi ignorati sulla sicurezza del giudice, emersi in tutta la sua gravità solo dopo il delitto, quando anche il Consiglio superiore della magistratura fu costretto a prendere atto del fatto che la situazione di pericolo in cui si trovò Amato, neppure dotato di una macchina blindata che all’epoca non veniva negata a nessuno, era stata sottovalutata, per non dire ignorata.

Presente a piazza Bachelet

Il ricordo di Mario Amato programmato da Santa Barbara nel Mondo, riuscita anche nel 2020 ad allestire un programma di iniziative che forzatamente hanno dovuto tener conto dell’emergenza coronavirus, è legato ai suoi rapporti con Rieti, nei mesi immediatamente precedenti l’omicidio, quando si trovò ad affiancare la procura impegnata a condurre, insieme ai carabinieri, le indagini sul tentativo di ricostituire il partito fascista che in Sabina e in altre parti d’Italia, soprattutto nelle province di Parma e Treviso, avevano già portato a diversi arresti dopo la scoperta, avvenuta a Salisano, di un archivio contenente i programmi per riunificare, sotto un unico movimento, i rivoluzionari di destra e di sinistra per abbattere il regime democratico.

Atti trasferiti a Roma

Il sostituto procuratore Amato e il suo collega Giovanni Canzio, titolare nelle prime fasi dell’inchiesta e diventato oggetto di minacce da parte di ambienti eversivi, tanto da essere sottoposto a un regime di scorta da parte delle forze dell’ordine, continuarono comunque a collaborare anche dopo il trasferimento degli atti a Roma, sede ritenuta competente a indagare in quanto uno degli arrestati, detenuto a Santa Scolastica, era accusato di partecipazione a banda armata e strage. Si trattava di Sergio Calore, operaio della Pirelli, successivamente diventato uno dei grandi pentiti del terrorismo di destra, assassinato il 6 ottobre 2010 all’interno del casale dove viveva con la moglie a Guidonia Montecelio, in provincia di Roma. Le prime rivelazioni Calore le fece proprio durante i lunghissimi interrogatori nel carcere reatino, spianando la strada al trasferimento del fascicolo a Roma.

Giovanni Canzio, presidente emerito della Cassazione, spesso ha ricordato il collega con il quale aveva stretto un forte legame di amicizia e di stima professionale e, negli anni successivi alla sua morte, non ha mai mancato di sottolinearne l’isolamento in cui era stato costretto a lavorare. Pino Strinati, tra i più attivi impegnati nella promozione delle iniziative legate a “Santa Barbara nel Mondo”, associazione nata nel 1996 dall’iniziativa di alcuni reatini, senza scopi di lucro, è certo che l’omaggio ad Amato, uno dei martiri della giustizia, è solo rinviato in attesa che cessi l’emergenza Covid.

Del resto, quella di ospitare magistrati impegnati in prima linea nelle indagini contro mafia, terrorismo e criminalità organizzata, oppure richiamando alla memoria quelli vittime di attentati, costituisce per l’associazione una tradizione da rispettare nell’ottica di celebrare i martiri della giustizia

L’omaggio a Chinnici

Negli anni scorsi, a Rieti sono stati presenti nelle varie manifestazioni allestite al teatro Flavio Vespasiano e all’Auditorium Varrone,  l’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli, il pubblico ministero del maxi processo a Cosa Nostra Giuseppe Ayala, Ferdinando Imposimato, titolare delle prime inchieste sull’attentato a Giovanni Paolo II e sull’omicidio e la strage della scorta di Aldo Moro, Caterina Chinnici, figlia del giudice istruttore Rocco, ideatore del pool antimafia, morto nell’esplosione della sua auto imbottita di tritolo dai killer. A lui, è intitolata la sala colloqui, riservata a magistrati e avvocati, all’interno del carcere reatino di Vazia, cerimonia alla quale presenziò la figlia, diventata magistrato come il padre.

Ancora, Santa Barbara nel Mondo non ha dimenticato Rosario Livatino, il giudice ragazzino assassinato ad Agrigento a soli 38 anni, lo statista democristiano Aldo Moro, ricordato con la presentazione di film e libri alla presenza della vedova e dei figli, come pure sono state rievocate altre figure del mondo della giustizia attraverso la testimonianza di giornalisti, scrittori e rappresentanti di istituzioni e organismi che operano per la legalità.