"La lentezza della giustizia sta peggiorando i rapporti tra avvocati e cittadini"

27/11/2020
Negli studi legali dialoghi spesso difficili
Negli studi legali dialoghi spesso difficili
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L’episodio fu liquidato, forse in maniera un pò affrettata, come il gesto folle di una persona che, solo per miracolo, non ebbe conseguenze più tragiche. Il fatto è quello avvenuto a Monterotondo, nel 2019, quando un uomo sparò all’avvocato che aveva difeso con successo la controparte in una causa civile discussa davanti al tribunale di Tivoli. L’avvocato Antonio Di Silvestro, giudice di pace a Poggio Mirteto, riuscì miracolosamente a salvarsi, e ora il suo mancato killer sarà processato a gennaio dai giudici di Perugia per tentato omicidio. La vicenda solleva, però, il velo su un aspetto che riguarda, più in generale, i rapporti tra le toghe e i cittadini-clienti che si rivolgono alle prime per essere assistiti. Nei confronti degli avvocati si registra un’insofferenza crescente, che rende sempre più difficili i rapporti tra le parti e non di rado, come nel caso di Di Silvestro, sfociano in reazioni incontrollate. In passato, invece, la figura dell’avvocato era tenuta maggiormente in considerazione ed episodi del genere erano assai più rari.

Elena Leonardi, avvocata del foro di Rieti, già componente del Consiglio dell’ordine guidato da Antonio Belloni, una militanza politica senza ombre e con una lunga esperienza maturata nelle aule di giustizia, a partire dalla metà degli anni ’80, esprime un proprio personale giudizio sul profondo mutamento su quanto sta accadendo.

Quali sono le ragioni alla base dei mutamenti?

“Negli ultimi quarant’anni la società italiana è stata attraversata da incisivi cambiamenti, in parte eredità del passato recente, in parte prodotti da eventi nuovi, in parte riflesso di trasformazioni globali, in parte specifici, che soprattutto dagli anni ’90, dopo il crollo della Prima Repubblica, hanno determinato, da un lato, un sempre più accentuato distacco dei cittadini dalla politica e dalle istituzioni pubbliche (bersaglio di sfiducia e sospetto), accompagnato da una riluttanza al rispetto delle regole e dei vincoli imposti dallo Stato, e, dall’altro, un orientamento “opportunistico” verso il bene comune e un sempre più carente senso civico”.

“Allo stesso modo, è difficile immaginare un periodo di trasformazioni più intense nel mondo del lavoro, nella struttura dell’occupazione, nella composizione professionale della popolazione, come quello che ha avuto luogo in Italia negli ultimi quarant’anni. Se è vero, infatti, che anche i trent’anni precedenti, quelli seguiti alla fine della seconda guerra mondiale, avevano visto trasformazioni di pari entità e in qualche caso di portata anche superiore, ciò che ha caratterizzato l’ultimo quarantennio è stata anche la complessità del cambiamento e il fatto che le tendenze non sono state solo unidirezionali, come era invece avvenuto nella fase precedente”.

Valori etici in discussione

“In questo contesto, peraltro caratterizzato da altri rilevanti fenomeni che hanno modificato la percezione e i comportamenti dei cittadini, quali il ruolo sempre più invasivo dei mass media, l’avvento di internet e, più recentemente, dei social media, non potevano che determinarsi rilevantissime trasformazioni anche nel mondo delle professioni e, in modo specifico, nella professione di avvocato e nei rapporti tra con i clienti”.

“Ho discusso i miei primi processi penali sotto la vigenza del codice Rocco, prima che, con il codice Vassalli entrato in vigore nel 1989, si passasse al rito accusatorio e quando l’unica vera riforma rilevante aveva riguardato il diritto del lavoro. I nostri maestri erano, in primo luogo, gli avvocati presso i quali svolgevamo la pratica. Per me, mio padre che, comunque, ha sempre affiancato l’attività professionale all’impegno politico, e mio fratello, ma anche gli altri avvocati “anziani”, quelli, cioè, con maggiore esperienza professionale, che ci hanno trasmesso,non solo tante nozioni, ma anche, e soprattutto, i valori del rispetto, della correttezza e della lealtà nei rapporti con i magistrati, con i colleghi e con i clienti nonché la consapevolezza dell’importanza del ruolo dell’avvocato, nell’esercizio della giurisdizione, quale difensore dei diritti del proprio assistito e,su di un piano più generale, quale difensore dei diritti civili. Tutto ciò si traduceva, in ambito sociale, in un generale apprezzamento per la figura dell’avvocato, non disgiunto da una sostanziale fiducia nel sistema giudiziario”.

Sistema compromesso

“Era inevitabile che i profondi mutamenti intervenuti nella realtà sociale da allora ad oggi determinassero anche l’affievolirsi della considerazione che avevano i cittadini nei confronti della figura dell’avvocato. Credo, infatti, che una delle cause principali di tale fenomeno sia da ricercarsi in una ormai diffusa diffidenza nei confronti del sistema giustizia, che troppo spesso, specie negli ultimi tempi, risulta compromesso nell’immagine e, soprattutto, incapace di fornire risposte adeguate, tanto sotto il profilo della tempistica quanto della effettiva tutela dei diritti azionati. Ed è l’avvocato, poi, a dover spiegare al proprio cliente l’imprevedibilità del contenuto di una sentenza (ricordo che quello della prevedibilità di una pronuncia giurisdizionale è un principio cardine) ovvero per quale motivo, per ottenere una sentenza definitiva, si debbano attendere anni e anni o perché, una volta ottenuta una sentenza favorevole, non si riesca concretamente a veder riconosciuti appieno i propri diritti. Certo, è paradossale che, mentre l’attività professionale ha acquistato, nel corso degli anni, una complessità mai conosciuta prima, determinata dalle continue modifiche delle procedure, si assista, contemporaneamente, ad una sua generale sottovalutazione nell’opinione pubblica”.

 

Processi mediatici

Credo che un ruolo importante l’abbiano giocato anche i mass media, con la spettacolarizzazione e i dibattiti sui processi (dando l’impressione che chiunque possa esprimere la sua opinione pur non avendo la necessaria competenza e senza aver letto le carte processuali) o con i processi dinanzi ad un arbitro, dove ci si difende da soli (peraltro urlando ed insultandosi), creando così la convinzione che la figura dell’avvocato non sia poi così rilevante. Egualmente rilevante è stato, ed è, l’uso distorto della rete, dove il cittadino ritiene di poter trovare le risposte ai propri problemi e nella quale, per altro verso, si trovano anche siti che forniscono informazioni su “come incastrare l’avvocato. In definitiva, abbiamo assistito e assistiamo ad una generalizzata sottovalutazione delle competenze, che, nel settore delle professioni, è stata altresì determinata dalla concorrenza al ribasso scatenata dall’abolizione delle tariffe”.

“Infine, credo che anche l’avvocatura nel suo complesso, attraverso le sue rappresentanze istituzionali e “sindacali”, non abbia svolto appieno il proprio compito, laddove non ha sanzionato, o ha sanzionato in modo inefficace, condotte deontologicamente scorrette o, per altro verso, laddove non è riuscita, ancora oggi, a far comprendere, a livello sociale, l’importanza del ruolo dell’avvocato nell’esercizio della giurisdizione e, con particolare riferimento al processo penale, la sua peculiare prerogativa, di carattere costituzionale, di garante del rispetto delle regole”.

 

Gli avvocati sono sempre più spesso vittime di aggressioni, come si potrebbe intervenire, anche a scopo preventivo?

“E’ vero, negli ultimi anni le notizie di avvocati che subiscono pesanti aggressioni fisiche o verbali è sempre più frequente. Quello sui cui mi sento di intervenire è il caso, sempre più frequente, in cui le aggressioni fisiche, spesso precedute da diffuse e violentissime aggressioni verbali (soprattutto sui social media), riguarda avvocati che difendono persone indagate o imputate per fatti che suscitano un particolare allarme sociale. Nella vicenda dell’avvocato Di Silvestro, al quale esprimo tutta  per la mia solidarietà per la gravissima aggressione che ha subito, colgo con favore la decisione dell’Unione degli Ordini forensi di volersi costituire parte civile, che va nel senso di affermare che l’aggressione ad un avvocato riguarda e coinvolge tutta la categoria”.

L’avvocato è garante

In tali casi, io credo che la motivazione vada ricercata anche, e soprattutto, nella carenza di conoscenza del ruolo dell’avvocato inteso come garante del rispetto delle regole giuridiche nel processo penale. Troppo spesso ci sentiamo chiedere come faccia, un avvocato, a difendere un assassino o un pedofilo o uno stupratore. Ebbene, l’avvocato, nel difendere un imputato, quale che sia il reato di cui è accusato, è il garante della civiltà giuridica, quella che permette a chiunque, in un Paese democratico come il nostro, di essere processato davanti ad un giudice e con un difensore che vigili sulla corretta applicazione delle norme di diritto. In questo senso, credo che l’Avvocatura tutta, attraverso i suoi organismi, dovrebbe porre in essere iniziative più forti dei semplici comunicati di solidarietà che normalmente fanno seguito a questi episodi, anche facendosi promotore di campagne di informazione a livello nazionale da parte dello Stato”.