Condanne al maxi processo per gli abusi edilizi e arriva "Striscia la notizia"

12/12/2020
La giudice Scipioni presiede un'udienza
La giudice Scipioni presiede un'udienza
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Dieci anni fa, nel 2010, si concludeva il processo più tormentato della storia giudiziaria reatina in tema di abusi edilizi, destinato a diventare “famoso” per via della confisca disposta dal tribunale sulle abitazioni sequestrate cinque anni prima a decine di famiglie, che le avevano acquistate contraendo mutui prima casa con le banche ed esponendosi a grandi sacrifici personali. A finire sotto accusa, la lottizzazione di un’area di 120 ettari a Palombaro Felciare, zona non lontana dall’Autostrada del Sole, nel comune di Fiano Romano, territorio che dal 1999 ricade sotto la competenza della circoscrizione giudiziaria di Rieti, insieme ad altri quattro comuni della provincia romana, dopo l’assorbimento avvenuto in occasione dell’istituzione della sezione distaccata del tribunale a Poggio Mirteto, poi chiusa nel 2013.

Nell’esposto erano state denunciate gravi irregolarità edilizie ed urbanistiche ed effettivamente, dopo i controlli, emersero difformità tra il progetto approvato e quanto realmente realizzano nell'area, subito sequestrata, con l’invio a tecnici, rappresentanti dell'ufficio tecnico, amministratori comunali, costruttori e proprietari, di avvisi di garanzia per abuso edilizi, falso, lottizzazione abusiva e abuso d'ufficio.  

Ventisei condanne

Alla fine nacque un maxi procedimento con 113 imputati, terminato con 26 condanne e 45 anni complessivi tra reclusione e arresto, distribuiti in prevalenza tra i componenti della commissione edilizia fianese (la pena più alta di 7 anni e due mesi, fu inflitta a un tecnico del Comune) che aveva approvato i progetti per costruire ritenuti illegittimi delle indagini della procura condotte dall’aliquota della Forestale, mentre i proprietari furono quasi tutti assolti o prescritti, fatta eccezione per tre di loro. Un primo processo, presieduto dalla giudice Cristina Scipioni, si era invece concluso con tre condanne e 14 assoluzioni, poi terminato in Cassazione con annullamenti senza rinvio e prescrizioni, dopo un parziale ribaltamento in appello. Ma, a fare notizia, fu la decisione del collegio giudicante, presieduto dal giudice Mario Bresciano, con a latere le colleghe Elena Fulgenzi e Tamara De Amicis, di ordinare la confisca anche dei terreni e delle case degli imputati assolti.

Una stangata, perché la confisca, se fosse stata confermata nei successivi gradi di giudizio, avrebbe significato l’acquisizione dei beni al patrimonio dello Stato. Un incubo per tanti piccoli acquirenti, finiti in un vortice politico giudiziario nato da un esposto presentato nel 2005 dalle forze di opposizione in Comune contro la maggioranza, in cui venivano sollevati dubbi e sospetti sulla regolarità del piano di lottizzazione di Palombaro Felciare.

Ghione tra i "confiscati"

Il clamore suscitato dalla sentenza travalicò ben presto i confini locali, fino ad approdare alla redazione di “Striscia la notizia”, il tg satirico di Canale 5, che spedì a Fiano Romano una troupe guidata dallo storico inviato Jimmy Ghione. Ripresi dalle telecamere e davanti alle case confiscate, rabbia e disperazione si fusero: “Ci sentiamo abbandonati dagli amministratori e dal paese, le persone pensano che la confisca ci leghi in qualche modo agli abusi edilizi, che noi abbiamo solo subito in quanto non sapevamo cosa ci fosse sotto gli immobili che abbiamo acquistato in modo regolare davanti al notaio. Gli abusi sono stati effettuati prima dell'acquisto, e non da noi proprietari che non abbiamo in alcun modo ritoccato le cubature già esistenti”. Ghione riuscì a intervistare l'avvocato di Federconsumatori, che difendeva i proprietari assolti, ma confiscati, non riuscendo però a parlare con gli amministratori che non si presentarono. A metterci la faccia furono solo l'ex vice sindaco Andrea Pezzola e il capogruppo di minoranza Fabrizio Marinelli.

L'avvocato della difesa

Uno degli avvocati componente del nutrito collegio di difesa, Emanuele Chiarinelli del foro di Rieti, seguì l’intera vicenda fino alla Cassazione: “A suscitare particolare sgomento tra gli acquirenti, che a fronte di titoli edificatori, proposte di vendita tramite agenzie immobiliari professionali con relativi compensi corrisposti e atti notarili, e mutui ipotecari con perizie disposte dai vari istituti di credito, fu il fatto che si videro sequestrati, con o senza la possibilità di uso, gli immobili. Sorprese che non fossero stati inquisiti e imputati i richiedenti dei permessi a costruire e la maggior parte dei venditori, probabilmente inizialmente sospettandosi una vicenda corruttiva dei tecnici comunali da parte degli originari proprietari dei terreni divenuti edificabili, ipotesi mai però contestata”.

L'appello

La sentenza di appello, emessa il 28 marzo 2012, restituì però serenità agli acquirenti costituitisi nel frattempo in un comitato, con il sostegno dell’associazione Codici, per rappresentare la propria posizione di vittime “di una delle più vergognose strumentalizzazioni politiche degli ultimi anni”, perché i giudici di secondo grado, dichiarando estinte le contravvenzioni edilizie, revocarono la confisca di case e terreni, mentre ridussero le condanne per abuso di ufficio e lottizzazione abusiva nei confronti di nove tecnici, sentenza poi prescritta.