Addio a Ugo Paolillo, tradito dalla passione per il volo a vela: è morto precipitando con l'aliante

11/07/2023
E' il 2006: Paolillo giura come procuratore della repubblica
E' il 2006: Paolillo giura come procuratore della repubblica
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E’ morto vittima della passione che l’ha accompagnato per tutta la vita, quella per il volo a vela. Ugo Paolillo, ribattezzato il “pretore volante”, se n’è andato a 83 anni precipitando con un moto aliante ultraleggero, subito dopo il decollo avvenuto dall’aeroporto Ciuffelli di Rieti.

Il personaggio

Una lunga carriera in magistratura conclusa a L’Aquila, come consigliere della Corte d’Appello insieme a Giuseppe Ayala, il pm del maxi processo a Cosa Nostra degli anni 80, dopo aver ricoperto le cariche di Pretore dirigente e Procuratore della repubblica a Rieti e, dopo i primi passi mossi in tribunale a Bologna, di sostituto procuratore a Milano e giudice di Corte di Assise a Torino, dove fu il relatore della prima sentenza di condanna a 24 anni dell’ideologo delle Brigate Rosse Renato Curcio. In Sabina Paolillo era arrivato proprio seguendo la passione per il volo a vela (fu campione italiano e protagonista di un volo sulla distanza di 1000 chilometri ai comandi di un aliante Nimbus, senza mai atterrare) e si era letteralmente innamorato delle condizioni climatiche che favorivano la pratica di questo sport che alternava alla sua attività di giudice. Paladino della difesa ambientale, al suo attivo il magistrato scomparso vanta numerose inchieste, come quella che lo portò a porre fine all’escavazione selvaggia, da parte di molti imprenditori, di materiale inerte dalle cave di Vazia (poi risanate dopo il processo), o a inchiodare “i furbetti di Castelfranco” che sulla collina avevano trasformato casolari agricoli in residenze di lusso, aggirando le autorizzazioni comunali. Un’inchiesta nata proprio mentre sorvolava in aliante la zona, sfociata poi in tre processi dove decine di professionisti e imprenditori reatini, proprietari delle case, furono prescritti per il reato di truffa aggravata. Quell’indagine fu ribattezzata “fattorie con moquette” e per la sua singolarità arrivò a guadagnarsi anche i titoli della cronaca nazionale.

La strage di piazza Fontana

Un’attenzione mediatica già riservata a Ugo Paolillo in occasione della strage terroristica alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, avvenuta il 12 dicembre 1969 a piazza Fontana, a Milano, che costò la vita a diciassette persone e il ferimento di altre 68. All’epoca giovane sostituto procuratore di turno, intervenne per primo sul luogo dell’attentato, attribuito da sentenze giudiziarie passate in giudicato a organizzazioni e personaggi dell’estrema destra, ma l’inchiestagli venne tolta per decisione della Procura generale di Roma che accolse l’eccezione sul conflitto di competenza sollevata dalla procura capitolina nei confronti di quella milanese, una decisione che sollevò polemiche politiche e inquietanti retroscena che, a distanza di oltre mezzo secolo, non hanno mai trovato risposta e che ispirò Il film del regista Marco Tullio GiordanaRomanzo di una strage”, dove la figura del magistrato è interpretata dall’attore Luigi Lo Cascio. Ugo Paolillo è andato a vederlo al cinema, ma non a Rieti, mischiandosi con gli altri spettatori, per seguire come l’attore Luigi Lo Cascio si era calato nel ruolo del magistrato titolare delle prime indagini sull’attentato, e il giudizio fu positivo: “E’ un’opera importante, non solo di valore storico, ma anche per le coscienze civili, per non dimenticare quanto accaduto. Lo Cascio è stato bravo, si vede che si è documentato su quanto ho detto e scritto”.  

Le cause di lavoro

Figura contraddistinta da grande signorilità e da un atteggiamento di disponibilità nel rapporto con gli altri, Paolillo è stato, senza dubbio, uno dei magistrati che ha occupato un posto di rilievo nel mondo della giustizia reatina, a partire dal 1980 quando, in funzione di giudice del lavoro, fu chiamato a pronunciarsi sulle vertenze promosse da lavoratori e sindacati contro ristrutturazioni aziendali, comportamenti antisindacali da parte delle società e licenziamenti ingiusti, in un crescendo sfociato in scioperi generali e occupazione di fabbriche che procedeva di pari passo con le prime crisi industriali e occupazionali nell’area dell’ex Cassa per il Mezzogiorno dove, dopo il 1987, cessarono gli aiuti dello Stato.  Procedimenti che vedevano impegnati in Pretura avvocati del livello di Franco Coccia (legale della Cgil e futuro parlamentare del Pci), Giorgio Rossi della Cisl, Vincenzo Martorana e principi del foro incaricati dalle maggiori società nel Nucleo industriale, come Vanossi, Texas Intruments, Telettra, Intermotor, Merloni, di curare le difese in un clima di accesi conflitti quando ancora era in vigore l’articolo 18 e la legge tutelava i lavoratori quando risultavano vittime di azioni discriminatorie. Decisioni spesso difficili, quelle assunte da Paolillo, ma motivate da giudizi spesso confermati in Cassazione.

Cure termali

Riscosse grande interesse anche il giudizio della Suprema Corte che, nel 1990, rese definitiva la sentenza emessa in favore di un’impiegata della Cassa di Risparmio di Rieti, a cui fu riconosciuto il diritto di fruire di un periodo di cure termali da calcolare come periodo di assenza per malattia e non come permesso, contrariamente a quanto sostenuto dalla banca che le aveva trattenuto i soldi dallo stipendio lire per dieci giorni di assenza. Un pronunciamento che portò l’istituto di credito a mutare atteggiamento nei confronti dei dipendenti che chiedevano i congedi temporanei per le cure termali.

Lo scontro sulla Rieti-Terni

Nemico giurato degli abusi edilizi e magistrato mai incline a intrattenere rapporti con i politici, proprio dalla politica è stato spesso attaccato. Accadde soprattutto in occasione del sequestro ordinato del cantiere della superstrada Rieti-Terni, nel 1987, quando ritenne che fossero state violate le norme a tutela dei vincoli ambientali esistenti nelle zone dove era progettata la realizzazione dell’arteria. Uno scontro causato da alcune sue affermazioni, rese dopo il dissequestro ordinato dal tribunale del Riesame, “perché la tutela dell’ambiente, fatta a livello di azione giudiziaria, non piace, disturba certi interessi e ne sacrifica altri, crea sconvolgimento in chi a un certo punto nel campo delle opere pubbliche vede non soltanto l’aspetto collettivo dell’opera, ma anche il tornaconto personale per ragioni elettorali e per ragioni di altro tipo chiaramente comprensibili”. Più avanti aggiunse: “Secondo me non è entrata bene nella testa dei funzionari che fanno i sopralluoghi per verificare la compatibilità ambientale, che l’edificabilità rappresenta l’eccezione perché si tratta di luoghi di notevole interesse pubblico proprio per la rilevanza degli aspetti paesaggistici e di bellezze naturali”. Contro Paolillo due senatori locali presentarono un’interrogazione al Ministro di Grazia e Giustizia sollevando la questione dell’incompatibilità ambientale per le sue dichiarazioni, ma il procedimento disciplinare aperto dal Csm si concluse con l’archiviazione non essendo emersi profili di colpa nel comportamento tenuto dal magistrato.

Il caso staminali

Politica - nelle forme del ministro della Salute, durante il governo Berlusconi – incrociata, indirettamente, in tribunale in occasione di una sentenza con cui, nel 2002, il giudice autorizzò una donna a conservare il sangue del cordone ombelicale del suo secondo figlio al fine di utilizzarlo come cura per la malattia del primo. Paolillo assunse la decisione, la prima in Italia del genere, disapplicando l’ordinanza ministeriale emanata dal ministero laddove prevedeva che le cellule staminali, una volta prelevate, potevano anche essere donate a terzi, ma non conservate per uso autologo. Il ministro della salute dell’epoca, Girolamo Sirchia, impugnò la sentenza, ma fu sconfitto in Corte di Appello e il provvedimento di Paolillo fu confermato.